La riscoperta del Mentoring
di Paolo Macchioni1
Premessa
La forzata permanenza al lavoro delle persone in età avanzata ha fatto riscoprire, in molte organizzazioni private e pubbliche, il valore del mentoring ma tale vocabolo è spesso usato impropriamente come sinonimo di coaching, affiancamento, tutoring o più semplicemente come rapporto capo-collaboratori orientato allo sviluppo.
In questo articolo cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Le origini del mentoring
Non tutti sanno che Il mentoring è forse la più antica delle pratiche di formazione one-to-one2: infatti la parola mentor deriva da Mentore, che nell’Odissea si prende cura dell’educazione di Telemaco, il figlio di Ulisse.
Nei secoli, le radici di tale pratica formativa sono rimaste, tanto che sul Dizionario della Lingua Italiana di S. Battaglia, alla voce “mentore” si legge :
“Maestro, educatore saggio e sapiente; precettore; guida illuminata che, come amico fedele e più anziano, esperto e maturo accompagna una persona più giovane, consigliandola nelle difficoltà della vita o in situazioni particolarmente difficili e complesse.”
1 Paolo
Macchioni, esperto di sviluppo individuale ed organizzativo, ha intrapreso la
libera professione nel 1991, dopo un’esperienza di quindici anni in Alitalia.
E’ autore di Check-up manageriale (F.Angeli,
2012) e coautore di Formazioni one to one
(F.Angeli, 2012). E’ iscritto al Registro dei Formatori Professionisti AIF
e fa parte della Redazione di AIF Learning News. E-mail: paolo.macchioni@alice.it 2 cfr.
GIANGIACOMO M. – Formazioni one to one (F.Angeli,
2012) – cap.6
Il mentoring nelle organizzazioni
In ambito organizzativo, tuttavia, dalle antiche radici, si è sviluppata nel tempo una pianta con caratteristiche diverse. Le esperienze maturate soprattutto nel mondo anglosassone hanno reso di uso comune anche in Italia la parola mentoring. E così Mentore è diventato mentor e Telemaco è diventato mentée
Il mentor, nelle organizzazioni pubbliche e private italiane, è sempre una persona esperta ma non è necessariamente un “saggio” o un “precettore”. E’ certamente un modello di riferimento per il mentée, soprattutto perché ha un’esperienza riconosciuta a livello professionale e personale, in particolare per quanto riguarda i cosiddetti “trucchi del mestiere”. Ma non è necessariamente “più anziano” d’età del mentée. Talvolta, infatti, anche un coetaneo può aver avuto la possibilità di maturare un’esperienza significativa in un determinato contesto organizzativo. Ed è proprio tale vissuto, più di carattere generale che riferito alle tecnicalità del lavoro, la principale fonte di apprendimento per il mentée.
Il mentoring può essere perciò definito come un aiuto informale fornito volontariamente da una persona ad un’altra e finalizzato a favorire miglioramenti significativi nelle competenze, nel lavoro e nel pensiero. Tali miglioramenti sono spesso reciproci perché anche il mentor può trarre vantaggi personali e professionali attraverso la relazione con il mentée.
In estrema sintesi, il rapporto fra i due, che non deve essere gerarchico e si basa sulla libera scelta di entrambi, consiste in una serie di incontri (di persona o “a distanza”) attraverso cui il mentor mette a disposizione del mentée parte del suo “sapere”, “saper fare” e soprattutto “saper essere”.
Raramente il mentoring viene attivato come unica leva di sviluppo. Il più delle volte integra programmi addestrativi o formativi (sia tradizionali che innovativi) ma rappresenta sempre un’opportunità preziosa per i mentées, che hanno la possibilità di essere seguiti da chi ha già raggiunto un buon livello di professionalità o di esperienza in un certo campo di attività.
L’approccio relazionale è molto personalizzato, come per
altre pratiche formative, ma il mentoring
si distingue per la forte contestualizzazione. Il focus dell’intervento è
infatti legato ad uno specifico contesto organizzativo, alle sue implicazioni
operative, alle reti relazionali, cioè a tutti quegli aspetti che caratterizzano
il patrimonio culturale del mentor e
rappresentano un riferimento prezioso per il mentée.
La realizzazione di un programma di mentoring
Per la realizzazione di un efficace programma di mentoring in una qualsiasi organizzazione, occorre però gestirlo come un processo e in particolare presidiare attentamente le seguenti fasi:
- scelta dei partecipanti e definizione degli obiettivi specifici (competenze da sviluppare in ogni mentée);
- individuazione delle persone motivate ad assumere incarichi di mentor;
- costituzione di coppie (mentor–mentée), senza subordinazione gerarchica;
- formazione delle persone individuate come mentor;
- organizzazione incontri mentor–mentée (quando, cosa, come, …..);
- preparazione supporti (informatici, informativi, di valutazione dei risultati);
- coordinamento e monitoraggio (anche attraverso riunioni di “allineamento” fra i
mentor e interviste alle persone coinvolte);
- report periodici per la Direzione Aziendale.
Naturalmente, il programma di mentoring risulterà maggiormente efficace se accompagnato da politiche retributive che rendano significativa la parte variabile dello stipendio legata a obiettivi di trasferimento e capitalizzazione di know-how.
Breve bibliografia
GIANGIACOMO M. – Formazioni one to one (F.Angeli, 2012)
ISFOL (FELICE A.) – Guida al Mentoring: istruzioni per l’uso (Isfol, 2004) PERCHIAZZI M. – Apprendere il Mentoring (Transeuropa, 2009)